Testata registrata al Tribunale di Salerno
18 luglio 1996 n° 953

a cura di Bianca Senatore

Non inizierò questo articolo con una frase topica del tipo “dai portici all’ombra del duomo di Milano”, ma a dirla tutta non so bene cosa dire per raccontare di me. Non sono abituata a parlare in prima persona, perché ho amato sempre molto di più raccontare degli altri, notare particolari, scavare la verità, dire quel che nessuno dice, nei limiti del possibile, e portare alla luce storie che in pochi conoscono. L’ho fatto partendo proprio dalle pagine cartacee del Giornale di Cava dove, per la prima volta, ho sentito la gioia di vedere il mio nome scritto in grassetto in fondo ad un paio di colonne. Di voler fare la giornalista l’ho sempre saputo e allora ho lavorato con tutti i mezzi a disposizione per diventarlo. Mi sono laureata in lettere, ho fatto un master in giornalismo, ho fatto tanti stage, tanti lavori, tanta strada (perché è vero che ci si deve consumare le suole) e in tutti questi anni, nonostante la fatica, ho avuto sempre chiara la mia meta. Viaggiare, studiare, raccontare ancora. Così, ho fatto un corso per inviati di guerra in collaborazione con la Farnesina, una settimana di addestramento con la Folgore, sono partita embedded con l’esercito italiano e sono andata in Kosovo nel periodo, un po’ turbolento, delle ultime elezioni. Sono andata in Palestina dove sono stata interrogata con un fucile puntato, sono stata in Tunisia a seguire le elezioni e l’evoluzione del mondo delle giovani donne. Ho scritto per Repubblica e per altre testate nazionali e c’è sempre ancora molto da fare per migliorarsi, ma la mia lezione più grande resta il Giornale di Cava e la cronaca locale per La Città, perché sono le basi quelle che contano. Conta chi ti dà fiducia per la prima volta, chi ti spiega come funziona, chi ti insegna cos’è l’etica; contano anche gli errori e la capacità di avere… una gran faccia tosta, sempre con il sorriso, però. È questo quello che vorrei dire a chi prova a fare il giornalista, oggi: servono mille esperienze, anche piccole, si devono imparare a gestire le beghe quotidiane, a ridurre un consiglio comunale di otto ore in tremila battute spazi inclusi, a studiare sempre quello di cui si parla, qualsiasi cosa sia, e a non montarsi la testa. Questo è quello che ho imparato dalle pagine del Giornale di Cava e per questo sono felicissima che sia rinato.

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